mercoledì 21 dicembre 2011

Riflessioni sull'identità



In un mondo allo stato originario, privo di ordinamenti sociali, politici, religiosi, le varie identità si confondono in unità e non vi è desiderio che si possa concentrare su qualche particolare oggetto. Poi, con lo sviluppo della socialità, cresce il desiderio umano a “voler essere l'altro”, il che tende a creare un mondo di doppi, destinati a scontrarsi.
Il mito di Edipo rappresenta la metafora dell'incedere dell'essere umano sotto gli incessanti colpi del destino, lungo una strada, simbolo non solo della vita, ma anche del tempo che scorre e dell’identità che si trasforma, pur rimanendo unica. In realtà non esiste un solo Edipo, ma ne esistono tanti, come le molteplici identità dell’uomo moderno, a cui è negata la stanzialità, obbligato com'è a percorrere il doppio binario della ricerca della verità e della inconsapevole e conseguente tragedia.
Lungo una strada, appena nato, Edipo viene abbandonato a morire, non prima che il padre Laio gli abbia trafitto i piedi per impedirgli di viaggiare. Il nome Edipo (in greco antico Οἰδίπους / Oidípous, οἶδος (gonfiatura, rigonfiamento) + πούς (piede) ) significa appunto “uomo dai piedi gonfi”. Come ci si può spostare nello spazio quando si soffre ai piedi? eppure Edipo si rimette in piedi e in viaggio per Delfi, e al bivio incontra suo padre Laio e lo uccide. La biforcazione della strada è un taglio nello spazio: da una parte l'ignoranza, l'incoscienza del non saputo e non detto, dall'altra il sapere, il cosciente, la sacralità dell'oracolo e del suo significante - la parola. Ma il responso dell'oracolo non cancella né risolve i dubbi (1), restituendo all'interrogante la responsabilità dei suoi atti.

L'unico dis-velamento possibile, conseguito appunto attraverso il semainein, consiste nel riconsegnare nelle mani dell'interrogante il suo stesso problema, con la sopraggiunta consapevolezza della necessità di ricercare in esso – e non fuori o altrove – ciò che, pur non spegnendo la domanda, ne rischiari completamente il significato. (2)

Anche Laio si mette in viaggio verso Delfi per sapere se il figlio sia ancora in vita, e al bivio si imbatte nel proprio assassino. Il fatto che il parricidio avvenga in questo bivio, taglio nello spazio, costituisce una catastrofe. (3)

E poi la Sfinge. Ed ecco che si ripropone la stessa legge della biforcazione. Mostro mitologico di natura primordiale, la Sfinge rappresenta l'essenza primitiva ed è attraverso di essa che si transita dall'ignoranza al sapere.

L'incontro con la Sfinge si dimostra il nodo decisivo, nel quale convergono,e dal quale si irradiano, gli aspetti principali del mythos edipico. Di fronte all'enigma proposto, la cui formulazione allude
alla inscindibile connessione fra unità e molteplicità che coincide con ciò che è Edipo, insieme Oidos-pous e Oida-pous (colui che sa intorno ai piedi), il figlio di Laio fornisce una risposta che conferisce al proprio status il carattere di simbolo vivente della condizione umana in generale, indicando nell'uomo l'animale che è insieme dipous, tripous e tetrapous. Edipo fa assurgere la propria esperienza - del non poter essere uno, della condanna a trascorrere la vita a-moron - a esperienza universale, connessa all'essere uomo in quanto tale. Solo Edipo, fra tutti, è in grado di rispondere all'enigma proposto dalla Sfinge [...] perché egli ha potuto sperimentare su se stesso fino a che punto l'essere uomo coincida con l'essere uno e molti, e fino a che punto nella condizione umana si fondano inestricabilmente identità e alterità. Semplicemente un uomo [...] senza sapere nulla prima, senza essere stato istruito da nessuno, ritrova in se stesso, nell'intelligenza della propria condizione,la risposta all'enigma.
(2)

La Sfinge è il simbolo di una condizione non ancora spiritualizzata, in cui l'uomo si confonde con gli altri animali, e quindi non è in grado di riconoscere la propria essenza umana (4). Quando la Sfinge domanda «Che cos'è che cammina a quattro zampe il mattino, a due il mezzogiorno e a tre la sera?», in termini non simbolici chiede “qual è la mia essenza?”, ed Edipo risponde che è l'uomo, significando che lo spirito è nell'uomo. Edipo vince, perché ha dato una risposta arguta ed intellettuale, incarnando lo spirito dell'Occidente (lo spirito dentro l'uomo) ha preso coscienza della propria identità. La Sfinge, sconfitta, si getta dalla rupe, annullando con la sua morte il principio femminile, l'inconscio. L'Io si esalta in questa vittoria, ma si tratta di un'illusione.



Edipo è infatti continuamente mosso dall'«obbligo di conoscere» ed è qui la sua contraddizione, perché questa ricerca del sapere è incosciente ed arriva al raggiungimento di una conoscenza che produce un senso di vanità e inutilità che rende preferibile lo stadio primario del non sapere. Egli finisce infatti per sposare la sua stessa madre. Il mito dimostra perciò come non sia sufficiente un atteggiamento intellettuale tipicamente maschile per sconfiggere l'inconscio.
L'unico luogo di pacificazione per Edipo può essere solo quello della nascita, dove può ricomporre l'unità dell'origine e della fine.

Proprio quando io non sono niente, allora divento veramente un uomo (Edipo a Colono, Sofocle)



NOTE:

1 - “non dice e non nasconde, ma dà segni” (Oute leghei, oute kryptei, allà semainei - Eraclito, frammento 39)

2 – U. Curi, “Endiadi. Figure della duplicità”, Feltrinelli 1995

3 - La teoria delle catastrofi è stata elaborata dal matematico e filosofo francese René Thom, che la espone per la prima volta dettagliatamente nel suo libro “Stabilité structurelle et morphogenèse” (1972). Sostanzialmente tale teoria fornisce un modello per descrivere fenomeni discontinui e divergenti. Molti fatti fisici possono essere oggi classificati come catastrofi, ma le applicazioni più notevoli della teoria si dovrebbero avere nella biologia e nelle scienze sociali dove sono assai diffusi i fenomeni discontinui e diveergenti. Se il modello si rivelerà adeguato a descrivere i fenomeni in questi campi, allora cadrà la distinzione tra scienze esatte e inesatte, in quanto anche queste potranno avere un loro linguaggio matematico. La teoria impiega in larga misura la topologia e precisamente quella branca che studia le proprietà delle superfici a più dimensioni. E' possibile descrivere le forze presenti in natura ricorrendo a superfici di equilibrio uniformi:quando l'equilibrio si spezza si ha il rovesciamento, la catastrofe.

4 – Secondo Hegel (Estetica), la Sfinge rappresenta la tensione verso una spiritualità autocosciente, che non si comprende a partire da sé nella realtà ad essa sola adeguata ma si intuisce soltanto in ciò che le è affine, diventando cosciente di ciò che le è estraneo, è il simbolico in generale, che a questa altezza si trasforma in enigma.

giovedì 8 dicembre 2011

Percorsi



Utagawa Hiroshige, Senju no ōhashi(il ponte di Senju), 1856