martedì 24 aprile 2012

Economia e relazioni (1 - Homo homini lupus)


In questa intervista parla Stefano Zamagni, economista, presidente dell'Agenzia per il terzo settore, nonché autore del libro di testo su cui preparai il mio esame universitario di Economia I.
Si può dire, in accordo con il prof. Zamagni, che quella che lui chiama "economia civile" (economia di mercato non capitalista) nacque in seno all'Umanesimo, che si sviluppò in Italia nella prima metà del Quattrocento. All'Umanesimo sono normalmente associati due elementi base: la riscoperta della cultura classica e la necessità del vivere civile per l'attuazione di una vita pienamente umana. Lo storico Jacques Le Goff nega esplicitamente che l'economia del medioevo possedesse tratti di natura capitalistica: "Nel Medioevo l'economia non occupa uno spazio autonomo e addirittura dominante nella società. Essa è inclusa nella società. Se c'è uno spazio economico, è quello del dono, non quello del profitto" (1)
C'è da chiedersi se questa economia civile poté svilupparsi su basi realmente etiche o non fu piuttosto il risultato della situazione politica italiana, a cui mancava il fattore decisivo di potersi organizzare come stato unitario (2). Si trattò comunque di una concezione dell'economia che si collocava in una prospettiva radicalmente diversa da quella che caratterizza il nostro vivere odierno, dominato da un'economia che si basa sui due capisaldi dell'efficienza ed equità, dati rispettivamente dal principio dello scambio di equivalenti e dal principio di redistribuzione. Dominati come
siamo da un'economia neoliberista, non ci discostiamo più di tanto dal pensiero economico dell'ottocento, che prevedeva che le leggi economiche seguissero, come le leggi naturali, un ordine
prestabilito. E' questo un mondo che richiama le leggi di natura, la legge della giungla, compiendo così un caso di degenerazione del mercato, che da civile si trasforma in mercato darwiniano, un mercato cioè che esclude.
In tale contesto possiamo collocare il concetto forzoso chiamato "darwinismo sociale": una teoria che vorrebbe legittimare lo sfruttamento utilizzando, in maniera parziale e distorta, concetti scientifici propri del darwinismo. E' questa una tesi che attribuire a Darwin darebbe luogo ad equivoci, dato che fu invece proposta e sviluppata da Herbert Spencer, in un intento di fusione della teoria evoluzionista con una visione sociologica organicistica che prendeva le mosse da Auguste Comte (3). Si può comprendere come in nome di questa concezione si ottiene l'effetto di occultare responsabilità sociali e politiche dichiarando ineliminabili, in nome di una naturalità presunta, le numerose piaghe sociali.
Si tratta di una evidente fola ad uso e consumo dello sfruttamento, e lo stesso Marx, in una lettera a Friedrich Engels, scrive: "È notevole il fatto che, nelle bestie e nelle piante, Darwin riconosce la sua società inglese con la sua divisione del lavoro, laconcorrenza, l'apertura di nuovi mercati, le "invenzioni" e lamalthusiana "lotta per l'esistenza". È il bellum omnium contra omnes di Hobbes."
Un dibattito critico è d'obbligo, e nell'ambito di un confronto dialettico cito anche Engels, il quale espresse la resistenza che le scienze sociali manifestano nei confronti dell'approccio naturalistico alla questione dell'uomo cioè la preoccupazione di naturalizzare fenomeni sociali. Nell'opera di Engels "Dialettica della Natura" si legge tra l'altro: "La differenza sostanziale tra la società umana e quella animale è data dal fatto che gli animali al più raccolgono, mentre gli uomini producono. Questa unica, ma enorme differenza rende, da sola, impossibile l’immediata trasposizione delle leggi delle società animali in quelle umane"


(1) J.Le Goff, "Lo sterco del diavolo. Il denaro nel Medioevo", Laterza 2010
(2) cfr. G. Ruffolo, "Testa e croce. Una breve storia della moneta", Einaudi 2011
(3) ideatore di una divisione delle scienze che tenesse conto del "principio della complessità crescente e della semplicità decrescente", per cui nella scala della complessità la sociologia
(scienza che si occupa degli organismi sociali) sta un gradino sopra la biologia (che si occupa degli organismi naturali)