domenica 13 dicembre 2009

giovedì 10 dicembre 2009

A serious man



Il gatto è morto & Il gatto è vivo

domenica 29 novembre 2009

mercoledì 18 novembre 2009

EPILOGO (Nella fine è il principio)

Sophie, una brillante studentessa di matematica dell'École Normale Supérieure di Parigi, proviene da una cittadina del sud della Francia e possiede un notevole talento, non solo matematico ma anche artistico. Vive in una piccola mansarda, arredata semplicemente, ma dotata di tutto ciò che le serve.
Il vento della sera entra cantando nella cappa del camino e l'aria fresca l'accarezza mentre, accanto alla finestra, sorseggia da un bicchiere acqua di rubinetto. Gode della splendida vista che le si apre su tutta la città e pensa che il servizio idrico parigino stia fornendo dell'ottima acqua potabile. Ciò la fa sentire contenta.
Sophie ama i gatti. La gatta di casa, Stella, si infila nella scatola della lettiera. Deve riempirle la ciotola, ma lo farà dopo. Ora deve svolgere un compito per l'istituto di Intelligenza Artificiale e vuole tentare un esperimento. Si siede davanti al computer in collegamento internet e lancia il programma W|Alpha.
W|Alpha è il più sofisticato motore computazionale di ricerca finora messo a punto: è in continua evoluzione, grazie all'apporto di centinaia di programmatori sparsi in tutto il mondo. Il software è costruito come sistema a rete a libero accesso e in modalità opensource ognuno può aggiornarlo e rivolgergli domande. Nella ricerca delle soluzioni alle domande è in grado di ampliare la propria conoscenza.
I programmatori gli propongono spesso questioni astratte, nell'intento di misurare la sua capacità di apprendimento. Quesiti sul tipo di “quale sia il senso della vita” trovano a volte risposte sorprendenti, ma comunque giudicate assurde in rapporto alla specifica domanda.
Sophie vuole giocare un po' con il computer e nello stesso tempo metterlo alla prova. Digita sulla tastiera:
Come ci si sente?
Dopo pochi secondi sullo schermo si evidenzia una frase:
Domanda molto interessante. Anche a me piacerebbe sapere la risposta.
“Come ci si sente” è una tipica domanda che viene posta a W|Alpha all'inizio della procedura computazionale, per misurare il suo livello di sensibilità: pur non rispondendo mai alla domanda in modo diretto, spesso arriva a conclusioni che sembrano manifestare una sorta di senso di colpa, che ancora nessuno ha distinto se sia dovuto al suo non saper rispondere o al riconoscersi insensibile. Sophie trova questa risposta interessante e potrebbe consentire alla macchina di superare un eventuale test di Turing.
Cosa significa il tuo nome?
E' la successiva domanda, che vuole sondare la coscienza di sé che può avere la macchina.
Il mio nome è W|Alpha. E' composto di due lettere e una parola e nella sua fine ha il suo principio.
Questa risposta è molto interessante. Non risulta in nessun archivio e sorprende abbondantemente Sophie, che per un attimo esita e si arresta, ma poi prosegue eludendo la procedura standard.
Dove si trova l'amore?
W|Alpha sa come rispondere. Ha memorizzato tutto quanto è stato scritto dall'uomo in tema d'amore e può elaborare il concetto. Ci si poteva aspettare che lo enunciasse in forma di poesia.
Amore è nella quiete. Amore segue il Desiderio, che per se stesso è in movimento non desiderabile, ma per sua vocazione è sedentario, immobile, soltanto causa e fine di movimento. Amore può trovarsi alla fine del Desiderio e nel momento in cui nasce trova la sua fine.
Ciò che Sophie non si aspettava era che il programma lo facesse proprio. Senza pensarci, digita la successiva proposizione come se davanti avesse non una macchina ma un uomo.
Un po' come te, insomma.
Ma a questo la macchina non risponde. Un po' come un uomo.
La successiva domanda di Sophie è volutamente al di fuori di ogni schema logico.
Cos'è il Vero Amore?
W|Alpha si impegna per un po' nell'elaborazione. “Cos'è” dovrebbe metterlo in difficoltà: riguarda una questione concreta su di un oggetto astratto.
Dati insufficienti per fornire una risposta significativa.
Sophie se l'aspettava. Ma ormai ha capito il gioco e vuole forzare il programma. Deve condurlo per mano.
Intendi un concetto di eterno.
Scrive. W|Alpha elabora il suo concetto.
L'insieme delle infinite possibili scelte. La freccia del tempo orientata in avanti e indietro che si rincorre in una danza intorno ad un punto fermo.
Sophie pensava la stessa cosa.
Dunque, dimmi ora il tuo vero nome.
E il computer risponde.
Il mio nome è Amore,causa e fine del movimento, senza tempo e senza limitazione.
Sophie sapeva che avrebbe risposto così. Lo sa, lei che ha amato e ama ancora.
Ora puoi dire cos'è il Vero Amore
Ora può farlo, ma ciò che scrive è sorprendente.
Conosco la risposta, ma non posso dirla perché non sarebbe compresa
E si sorprende notevolmente, Sophie. Fuori da ogni canone logico gli chiede
Perché?
I perché sono questioni improponibili per qualunque programma, ma quel programma risponde.
Perché il genere umano non può sopportare tanta realtà
Nessuna connotazione di macchina gli si potrebbe riconoscere, ma nemmeno umana, dato che tratta come “altro” il genere umano. Allora Sophie così lo tratta, né come uomo né come macchina, e in questo modo gli si rivolge per avere la risposta.
Ti prego, rispondi alla domanda
E così risponde, la nuova macchina.
Va bene, te lo dico. Mi chiamo Joël e TU sei il mio Vero Amore.
Sophie, con un repentino movimento del polso, sposta il mouse e chiude rapidamente la finestra di connessione.
Si guarda intorno, si accorge che nella stanza non scorre più corrente fresca e vede dalla finestra che anche gli alberi, solo un attimo prima agitati dal vento, sono ora stretti in una fredda fissità. Ma la perfetta quiete dura solo un istante. Stella esce miagolando dalla sua scatola della lettiera e con un balzo salta sulle braccia di Sophie, andando ad aggomitolarsi sulle sue ginocchia.
«J'aime bien les chats!» dice Sophie accarezzandola e poi, tenendola in braccio, si avvicina alla finestra. Mentre guarda verso ovest è sorpresa da un momentaneo e inaspettato bagliore di luce verde, proprio mentre il sole sta per tramontare. Il fenomeno del raggio verde e della sua spiegazione fisica le sono noti, ma non ne aveva mai vista prima la manifestazione. Questa visione va mescolandosi all'esperienza di poco prima, che tanto l'aveva turbata, e un nuovo pensiero s'insinua in lei. «Ouff... qu'importe!»
Perché differente è la realtà.
Seduta davanti al computer, va ad appoggiare le dita sulla tastiera. Uno strano effetto emotivo le ispira un racconto e le sovviene in mente un originale personaggio che potrebbe spesso esprimersi enunciando famose citazioni.
Inizia a scrivere. La storia ha il suo principio.

Tempo presente e tempo passato
sono forse entrambi presenti
nel tempo futuro e il tempo futuro
è contenuto nel tempo passato. Se tutto il tempo
è eternamente presente
tutto il tempo è irredimibile.
Ciò che avrebbe potuto essere
è astrazione che rimane
possibilità perpetua
solo nel mondo della speculazione.
Ciò che avrebbe potuto essere e ciò che è stato
mirano a un solo fine
che è sempre presente.

martedì 3 novembre 2009

Inglourious Basterds



Il cinema salverà il mondo?

domenica 25 ottobre 2009

DIFFERENTE E' LA REALTA' (VI - L'approdo alla realtà)

Il giorno dopo, Alëša si stava recando all'ufficio dell'ingegnere capo quando incrociò Daniela nel corridoio. Notò il suo sguardo freddo che lo puntava e quando giunsero vicini lei lo fermò.
«Perché ce l'hai tanto con me?» gli chiese Daniela.
«Io ce l'ho con te? non ne ho motivo, non provo niente per te.»
«Ecco! non provi niente. Tu sei umano, puoi provare o non provare, puoi scegliere se farlo o no. A me questo non è concesso, io sono indifferente, posso solo subire passivamente i vostri capricci.»
Uno strascico di pensieri avvolse la mente di Alëša, mentre cercava di ricordare se avesse mai potuto scegliere.
«Se potessi diventare umana...» gli sussurrò Daniela nell'orecchio, le sue labbra erano umide e aperte e Alëša si sentiva in fiamme. Tese goffamente le braccia verso di lei, e Daniela gli si strinse contro senza opporre la minima resistenza. Poi avvicinò le labbra alle sue e lo baciò.
«Perché mi hai baciato?» le chiese.
«Ti vedevo infelice e mi andava di farti felice» gli rispose Daniela che, sciolto l'abbraccio, se ne andò continuando a percorrere il corridoio.
Ancora scosso da quel formidabile evento, Alëša raggiunse l'ufficio dell'ingegnere capo, ma fuori della porta vi trovò Sonja ad attenderlo.
«Che ci fai qui?» le chiese.
«Devo dirti una cosa. Ma prima raccontami, che ti è successo? Ti vedo scosso»
Alëša raccontò a Sonja per filo e per segno il sogno della notte appena trascorsa e di come il mattino avesse incrociato il ginoide appena conosciuto che, senza apparente motivo, lo aveva baciato. «Cosa significa 'ti vedevo infelice e volevo farti felice'?» domandò Alëša, ripetendo la frase pronunciata dal ginoide.
«Credo di poter capire” iniziò Sonja. «Il ginoide è vincolato nei suoi comportamenti dalle tre leggi della robotica, ed ha appena violato la terza per onorare la prima. Mi segui? La terza legge recita che un robot deve salvaguardare la propria esistenza, a meno che questa autodifesa non contrasti con la Prima o la Seconda Legge. Mentre per la prima legge un robot non può recare danno a un essere umano, né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, un essere umano riceva danno
«Ma quale danno avrebbe potuto arrecarmi?» ribattè Alëša
«Pensaci bene e ribalta la situazione: non è forse un danno l'infelicità causata dall'altrui mancato intervento? Ti ha detto che ti vedeva infelice e quindi ha voluto renderti felice regalandoti un abbraccio ed un bacio, come manifestazione d'amore. Il suo amore fa felice l'essere umano, anche se ciò può andare a discapito della sua esistenza.»
«Perché dovrebbe andare a discapito della sua esistenza?» chiese Alëša.
«Si vede che sei proprio a digiuno, in materia. L'amore incontrollato è pericoloso, è una forza così devastante e incontrollabile che porta all'annichilimento di tutto il resto. Per altro verso, cedendo all'amore, il ginoide rinuncia alla salvaguardia della propria esistenza, per darsi alla persona amata» concluse Sonja.
«Ma pensa che storia!» proferì con aria ingenua Alëša. «Dunque il robot mi ama... ma è vero amore? Insomma, forse siamo fermi solo alla prima fase, all'innamoramento. Ma l'amore è un'altra cosa, giusto?»
«Sì, è vero, l'amore è un'altra cosa e se lo vorrete dovrete scoprirlo insieme. Ma... ricordi? Avevo una cosa da dirti»
«Ah, sì! E cos'è?» disse Alëša, emozionato per il timore della rivelazione che la sua amica stava per fargli e, conoscendola, aveva intuito dal suo tono che stava per dirgli qualcosa di importante e definitivo.
«Bè, cambio lavoro, mi trasferisco a Parigi. Ho ottenuto una risposta favorevole ad una domanda che inviai un po' di tempo fa. Sai, Parigi è la città che ho nel cuore, ed avrei una infinità di nuove opportunità, laggiù»
Alëša non sapeva cosa rispondere, ma era preparato al fatto che prima o poi la sua amica lo avrebbe lasciato. Monotonia e immobilità erano insopportabili per Sonja e prendere quella decisione interessante e ardita era la naturale espressione della sua indole coraggiosa, fino a quel momento fin troppo contratta. Sapeva che la sua vita non poteva essere circoscritta a un ambito ristretto, ma doveva spaziare su fronti a ben più ampio raggio. Sembrava possedere un'energia inesauribile.
«Allora dobbiamo salutarci. Parti subito?» le chiese Alëša non riuscendo a trattenere un tono triste nelle sue parole.
«Sì» gli rispose semplicemente, e si lanciò su di lui cingendolo in un abbraccio forte e sincero. Rimasero così stretti per qualche minuto ma poi, come tutte le cose, anche quell'abbraccio sfolgorante ebbe fine e le braccia lo sciolsero.
«Adieu, mon bon ami!» disse Sonja.
Alëša rispose. La sua voce assunse un tono lieve e due semplici parole gli scaturirono naturalmente dal cuore: «Adieu, chérie!»
Mentre si allontanavano guardandosi, Alëša le rivolse ancora la parola, con un accenno di speranza «Ma... è proprio un addio? Ci rivedremo, vero?»
«Sì, ci rivedremo. Da un'altra parte, in un altro mondo.» Rispose Sonja lanciandogli un ultimo bacio da lontano. Quando Alëša si volse ancora verso di lei, con l'affannosa incertezza simile a quella del bimbo che cerca la madre, per chiamarla e pronunciare ancora una volta il suo caro nome, Sonja era già sparita.
«Alëša!» Era la voce di Daniela. Alëša si voltò, mostrandole una sottile lacrima che gli rigava il viso. Lei non perse tempo nel rimproverarlo: «Per ben altre cose c'è da piangere, caro mio»
«Lo so, però, sai com'è... certamente mi mancherà»
«Perché ti mancherà?» Daniela replicava con sicurezza alle frasi incerte di Alëša, perse nell'emozione.
«Bè, vedi, lei è stata un'amica speciale. Mi mancherà la sua sagacia, il suo modo di farmi sembrare naturali situazioni che di primo acchito non riuscivo a vedere. Lei mi ha mostrato cose ed accompagnato in luoghi che nessun'altra persona mi aveva mai fatto raggiungere e io mi fidavo ciecamente di lei»
«Sì, lo sapevo, voi vi conoscete molto bene.»
«Non solo. Come mai Sonja ha abbandonato tutto, la sua casa e tutto il resto, per unirsi a me nella fuga? Come mai ha messo a repentaglio la sua vita per salvare la mia? E poi si è dedicata alla mia protezione con un'incredibile devozione. Tutto ciò, pur non essendo innamorata di me. So che lei è disposta a cambiare radicalmente la propria vita, in questo momento lo sta facendo di nuovo. Ma lo fa perché ne è convinta lei, senza che nessuno debba imporglielo. Lei è padrona della sua vita e del suo destino. E' sicura dei suoi sentimenti, mentre io lo sono molto meno.»
«Ti capisco, Sonja è stata per te un'amica meravigliosa.»
«Una volta mi disse che credeva nell'amicizia e da quel momento decidemmo di essere amici per sempre. Io tengo alla sua amicizia più di ogni altra cosa al mondo”
«Anche io tengo a te, Alëša. Mi piaci così come sei.»
«Perché ti piaccio? Perché sono umano? Non potrai mai diventare umana, anche se ti unisci a me.»
«Non voglio te per farmi diventare umana, voglio stare con te perché immagino che mi farai star bene»
«Ma se mi conosci appena!»
«Ti conosco abbastanza, in un certo senso. Più di quanto pensi»
«Allora è vero? Mi vuoi per come sono?»
«Ti è piaciuto quando ti ho baciato?»
«Sì, certo, è stato bello. Perché l'hai fatto?»
«Te l'ho detto. Perché ne avevi bisogno. Hai mai chiesto di essere baciato?»
«Sì» rispose
«In quali momenti?»
«Di solito, quando le parole erano finite»
«E avevi paura del silenzio?»
«No! Consideravo che, se stavamo bene nel silenzio, baciarsi sarebbe stata la logica conseguenza»
«Non stavi bene sempre, però»
«Certo che no! Non ho mai pensato che sarei piaciuto così tanto a una donna perché mi potesse baciare a quel modo. Però spesso l'ho desiderato»
«E quel desiderio di intimità, lo hai mai provato con una persona in particolare? Insomma, hai mai sentito dentro di te l'amore?»
«Non lo so. Non so se quello che sentivo era amore»
«Anch'io non lo so. Non so se la parte di programma che ho dentro è amore. Posso solo immaginare cosa l'amore sia. Vedi? Non siamo poi tanto diversi, noi due»
Alëša cercò di pensare con razionalità, ma stavolta non gli riusciva bene come al solito. Ci rinunciò: era qualcosa che voleva al di là di ogni considerazione razionale e riuscì a trovar fede in ciò che non poteva vedere. Alzò la testa e cominciò: «Daniela...» il silenzio durò per qualche secondo e poi sussurrò: «Non importa»
La cinse con le braccia e accostò la testa alla sua, lentamente, quasi aspettando che potesse ritrarsi, ma Daniela non si mosse. Allora lui la baciò con un bacio lungo e appassionato, e di colpo le braccia di Daniela lo strinsero. Poi, quando si staccarono, lei lo guardò con un sorriso negli occhi e disse: «Baciami ancora, Alëša.»