giovedì 3 settembre 2009

Javier Girotto e Aires Tango "La Luna"

7 commenti:

Fabio ha detto...

Molte delle composizioni degli Aires tango hanno come filo conduttore la poesia dei grandi autori sudamericani (Borges, Neruda, ecc.) resa in un connubio musicale dove la liricità del verso e l’intensità del tango si mescolano con la creatività dell’improvvisazione jazz.
Il brano "La Luna" è ispirato all'omonima poesia di Jorge Luis Borges. All'interno del mio racconto è inserito come momento di respiro tra un capitolo e l'altro, ipotizzando che la presentazione del nuovo personaggio, in una visione di rara bellezza, abbia indotto un attimo di apnea.
Solitudine, tempo, identificazione: pur se riferita a tutt'altro contesto, la poesia può essere interpretata come descrittiva dei tratti essenziali del tema robotico (almeno per come la vedo io).

Hay tanta soledad en ese oro.
La luna de las noches no es la luna
Que vio el primer Adán. Los largos siglos
De la vigilia humana la han colmado
De antiguo llanto. Mírala. Es tu espejo.


C'è tanta solitudine in quell'oro.
La luna delle notti non è la luna
che vide il primo Adamo. I lunghi secoli
della veglia umana l'hanno colmata
di antico pianto. Guardala. E' il tuo specchio.

Lenabuona ha detto...

LA FELICITA'

Chi abbraccia una donna è Adamo. la donna Eva. Tutto accade per la prima volta.
Ho visto una cosa bianca nel cielo. Mi dicono che è la luna, ma che posso fare con una parola e con una mitologia?
Gli alberi mi fanno un poco paura. Sono così belli.
I tranquilli animali si avvicinano perché io gli dica il proprio nome.
I libri della biblioteca sono senza lettere. Se li apro appaiono.
Sfogliando l'atlante progetto la forma di Sumatra.
Chi accende un fiammifero sta inventando il fuoco.
Chi guarda il mare vede l'Inghilterra.
Chi pronunci un verso di Liliecron partecipa alla battaglia.
Ho sognato Cartagine e le legioni che desolarono Cartagine.
Ho sognato la spada e la bilancia.
Sia lodato l'amore che non ha né possessore né posseduta, ma entrambi si donano.
Sia lodato l'incubo che rivela che possiamo creare l'inferno.
Chi si bagna in una fiume si bagna nel Gange.
Chi guarda una clessidra vede la dissoluzione di un impero.
Chi maneggia un pugnale prevede la morte di Cesare.
Chi dorme è tutti gli uomini.
Ho visto nel deserto la giovane Sfinge appena scolpita. Non c'è nulla di antico sotto il sole. Tutto accade per la prima volta ma in un modo eterno.
Chi legge le mie parole sta inventandole.

J.L. Borges

Fabio ha detto...

Grazie, con questa poesia mi fai integrare il discorso alla perfezione.
Immenso è l'universo letterario di Borges, capace di commozione per la misera condizione umana, ma insieme volto a raccontare la meraviglia dell'esistenza. Ciò che fa essere un luogo in tutti i luoghi e in tutti i tempi, come quell'Aleph, prima lettera che contiene tutte le altre.
"Tutto accade per la prima volta". Ovverosia, tutto si rinnova, tema ricorrente nel mio racconto che parla di un uomo che si culla nella ricorsività temporale e insieme la depreca perché gli toglie la libertà; prova invidia per il robot che vive un'infinità temporale e nel contempo teme di assomigliargli troppo. Speculari sono i sentimenti dei robot nei confronti degli umani, un pò come dei e mortali nella mitologia.
"L'amore che non ha né possessore né posseduta, ma entrambi si donano": la ricerca del perfetto e mutuo scambio."Possedere una donna..."? - Barbaro!
"Chi guarda una clessidra vede la dissoluzione di un impero, chi maneggia un pugnale prevede la morte di Cesare": non esiste un vero oggi, un vero domani, tutto continua a scorrere verso un destino sconosciuto, ma unico. "La verità è che sono unico" dice Asterione, solo nel suo labirinto, e segue: "come il filosofo, penso che nulla può essere comunicato attraverso l'arte della scrittura". Paradosso, perché proprio da questa distruzione della letteratura nascono simboli e allegorie che rendono vivo il sentimento del poeta Borges. Mentre leggo le sue parole le sto inventando, come nel partecipare alla lettura e confondersi con lo scrittore. Desidero leggere qualcosa di felice e il poeta assolve generosamente la sua missione: mi racconta la felicità.

Lenabuona ha detto...

La felicità sta nel sentire ciò che si stafacendo come se a farlo fosse il primo essere umano, l'avere un animo infantilmente lindo e libero dalle scorie regredenti del tempo che rendono ingannevole ogni atto. Possiamo godere appieno di ogni cosa che riguarda l'umano: che sia saggio o meno, tutto può rivelarsi all'uomo.

EvaFutura

Fabio ha detto...

Dunque, accettare il rinnovamento, non temere la regressione, qualcuno direbbe di vivere la decrescita felice. Come dicevo, può sentire il lettore la felicità, in un'unificazione col poeta, entrando nei suoi versi. Leggere e pensare, e poi vivere. Raggiungere una nuova dimensione umana, abbandonando quella artificiosa, costruita nel corso del tempo, nel miraggio del raggiungimento di uno stato ulteriore, ma praticamente irreale: non appartenente all'uomo, alla macchina forse, o agli dei. Il riscatto è affidato all'uomo.
In questi miei piccoli racconti le citazioni pullulano, andando alla ricerca dell'uomo, che spesso parla nella veste di questi incredibili autori: chi meglio di loro può farci cambiare strada? che sia Borges o Asimov o, perché no? l'Eva Futura! *_^

Lenabuona ha detto...

"che sia saggio o meno, tutto può ANCORA rivelarsi all'uomo".
Borges parlava della memoria come tante monete impilate una sull'altra, l'immagine sempre uguale che sovrapposta a se stessa muta il volume di ciò che viene rievocato e di fatto ne condiziona la natura.
Ma l'essere umano può disfarsi ciò che nella sua coscienza rappresenta una scoria innestata, restituendo dignità alla sua personale esperienza. E ciò, penso, è oggi più che mai urgente, considerata la natura inflazionata di certi simboli di massa. Facciamo che tutto sempre accada per la prima volta nel nostro spirito.

EvaFutura

Fabio ha detto...

GIUSTA precisazione. Il ritorno a se stessi non significa tornare indietro ad uno stato già vissuto, ma recuperare quello stadio primordiale dentro se stessi. Dobbiamo riconoscere la validità di ciò che ci ha preceduto, ma non copiarlo, bensì interpretarlo, farlo nostro, non essere la copia di un altro. Ciò che rende ogni uomo unico e capace di scegliersi la propria strada, facendo ciò che è ancora da fare.
Penso comunque che saper riconoscere la propria natura non può prescindere dal porsi in relazione con l'altro, senza doverlo per forza imitare. Accorgersi delle rispettive differenze è importante per scoprire il nuovo che c'è nell'altrui dimensione umana. Percepire la novità, vedere qualcosa che non è ancora esistito, come quando viene al mondo un bambino: c'è qualcosa che rende più felici?