lunedì 17 agosto 2009

NON FA UNA PIEGA (parte 2: l'equazione risolutiva)

L'ascensore scendeva veloce lungo la struttura in acciaio e cristallo che percorreva l'edificio in tutta la sua altezza, consentendo un'ampia vista panoramica sull'esterno.
Quando poi si immergeva nel sottosuolo, la cabina si illuminava grazie ai led che emettevano fasci di luce bianca. I numeri dei piani si succedevano, in sequenza discendente, sulle videocolonnine che riproducevano ciò che era situato al di fuori. L'ascensore iniziò la frenata e si arrestò dolcemente al piano interrato -15. Un corridoio conduceva al laboratorio e il tappeto mobile consentì a Sonja ed Alëša di raggiungerlo repentinamente. Sonja si diresse verso la propria postazione e con pochi gesti delle dita al touchscreen aprì il programma: la scritta "HELLO DOLLY" apparve per pochi secondi nella window per poi lasciare spazio al testo del programma.
«Andiamo subito a verificare la subroutine» cominciò a dire Sonja, mentre le sue dita battevano rapidamente sulla tastiera e poi, rivolta ad Alëša: «Ecco, questo è il punto dolente». Con un gesto circolare delle dita, Sonja evidenziò sul touchscreen un blocco di poche righe del programma.

vanilla(true).
vanilla((A,B)):- vanilla(A), vanilla(B).
vanilla(I):- clause(I,B), vanilla(B).

Alëša guardò attentamente, cercando di interpretare il senso di quei comandi dati. Sonja si accorse delle difficoltà di lettura del collega: «Non conosci il Prolog... Uhm, cerco di spiegartelo» gli disse e schizzò alcuni appunti su carta. «Secondo me non si arriva al dunque perché questo sistema lineare non presenta definitivamente soluzioni, infatti sono state introdotte tutte le variabili che determinano le sensazioni amorose.»
«Sì, vedo, questa è la variabile eros, poi c'è mania, ludus, pragma» completò Alëša, che stava comprendendo solo a grandi linee.
«Sì, sì, questo è evidente, tutte queste variabili sono note e conosciute, ma c'è questa equazione che risulta incompatibili con le altre: guarda». Al centro dello schermo appariva l'equazione:

(I ^ B) + (I ^ (- B)) = 0

«Capisci, Alëša?» gli chiese Sonja.
«Bè, credo di sì» rispose Alëša, «le variabili indicano: la I l'innamoramento e la B il bacio, come manifestazione dell'innamoramento stesso».
«Già» continuò Sonja «e il prodotto vettoriale tra le due variabili deve dare come risultato A, amore, ma, vedi? Il risultato deve arrivare con il modulo della variabile B, cioè con il suo valore sia positivo che negativo».
«Comincio a intendere: la prima parte dell'equazione rappresenta la componente dell'amor profano, per cui la manifestazione d'amore, quindi il bacio, è immediata conseguenza dell'innamoramento, e ciò è rappresentabile con la proposizione I → B, mentre può e non può valere -I → B. La seconda parte dell'equazione rappresenta invece l'amor sacro, per cui c'è innamoramento anche senza bacio, la B negativa, insomma, e quindi non vale I → B e nemmeno B → I, ma solo -I → -B». Alëša si sorprendeva di quanto potesse a lungo parlar d'amore, tanto meno padrone della materia si sentiva rispetto alla sua interlocutrice, che concluse seccamente: «La somma tra le due componenti dà come risultato un bello zero, un nulla di fatto.»
«Che menti complesse, però, che sono state fornite agli automi. Basterebbe saper mettere da parte solo alcune delle proprie convinzioni.»
«Sì, questo fanno gli umani, per noi è abbastanza semplice, ma ridurlo in termini matematici, in modo che il cervello cibernetico possa comprenderlo e attuarlo, sembra un'impresa impossibile». Sonja si stava scoraggiando.
Sonja ed Alëša trascorsero il successivo minuto in perfetto silenzio, osservando il grande monitor olografico al centro della sala che mostrava due robot, maschio e femmina, fermi, senza che compissero il minimo movimento. D'un tratto, Sonja sobbalzò sulla sua sedia: «Basterebbe che almeno uno dei due si muovesse, facesse un cenno all'altro, qualunque cosa, però almeno... Cazzo! Prendete una decisione! Scegliete!» Sonja si stava alterando e voleva fortemente arrivare al risultato.
Già, lei avrebbe saputo come fare, pensava Alëša. Ma pensava anche a come risolvere il problema e d'un tratto eruppe in una manifestazione euforica: «A meno che... a meno che...»
«A meno che cosa?» sobbalzò Sonja girandosi verso Alëša che stava trottando verso il suo computer.
«Scegliere, scegliere... sequenza, sequenza» ripeteva freneticamente.
«Ma che dici? sei uscito di senno?» Sonja iniziava a preoccuparsi. «Ma no, ma no» continuava lui, in quello che poteva sembrare un farneticare «è il teorema di Böhm-Jacopini. La programmazione in Pascal è basata su tale teorema e il programma deve essere scritto utilizzando tre strutture di controllo e precisamente: la sequenza, la ripetizione e la scelta.»
«Non capisco dove vuoi arrivare» Sonja era sempre preoccupata, ma iniziava a fidarsi di quello strano scatto che aveva infervorato il suo amico.
«E' semplice». Alëša aveva avvicinato il suo viso a pochi centimetri da quello di Sonja, che teneva tesissimi i tendini del collo mantenendosi immobile. «Sequenza: ricordo della sequenza di amori passati. Ripetizione: per la volontà di ripeterli e rinnovarli. Scelta: la migliore alternativa possibile. Questa subroutine è da implementare in Pascal. Capisci? Posso risolvere il problema utilizzando una programmazione strutturata, e non logica». Alëša scriveva velocemente il programma e alla fine lanciò la runtime, attendendo trepidante il risultato. Il suo computer era connesso al server, dunque aveva aggiunto quello che riteneva essere un tassello fondamentale al completo programma. «I robot dovrebbero... innamorarsi...» disse Sonja, ma le immagini olografiche erano ancora ferme. «Non sapranno mai cos'è l'amore» disse sconsolato Alëša, ma poi d'un tratto: «No! Non sanno cos'è l'amore. Non lo sanno... ancora. Ecco, loro non possono creare la sequenza degli amori passati, perché non ne hanno mai avuti, ecco perché!»
«Sì, ma siamo al punto di partenza» disse Sonja «non avendo mai avuto un amore non possono ricordarsi quanto sia bello e dunque non ambiscono a realizzarne uno.»
«Vero, Sonja, vero, ma loro possono... immaginarselo». L'aria sorniona di Alëša aveva assunto un'espressione arguta. «Bisogna cambiare nome alle variabili. Via le maiuscole, introduciamo le lettere minuscole: la i al posto della I. La i, che rappresenta l'unità immaginaria.»
«I numeri complessi!» esclamò Sonja, che aveva iniziato anche lei ad agitarsi, travolta dall'entusiasmo di Alëša.
«Sì! Ed ecco l'equazione». Sullo schermo apparivano in rapida sequenza nuove formule: «M'innamoro e bacio 'and' m'innamoro e non bacio si sintetizza così», bofonchiava Alëša mentre scriveva le formule:

(i ^ (-B)) ^ (i ^ B) = -i²B²

«Ora, aggiungiamo la componente irrazionale. Mettiamo sotto radice. Dato che i è uguale alla radice quadrata di -1, il risultato è...»

RADQ (-i²B²) = RADQ (- (-1)B²) =RADQ (B²) = B

«Sì! Vai!» Alëša e Sonja, insieme, diedero un singolo impulso al tasto invio e partì la runtime.
Sullo schermo olografico la scena iniziò ad animarsi. I due robot sollevarono di scatto il capo e presero a guardarsi, poi si avvicinarono lentamente l'uno all'altro e finalmente si baciarono. Uno scroscio di applausi ruppe il silenzio della sala e tutti i programmatori, alzatisi dalle proprie postazioni, eruppero in grida di esultanza. Anche Sonja non riuscì a trattenersi: «Bravo Alëša» gli disse e gli diede un bacio. Non era propriamente il bacio che stava avvolgendo l'animazione dei due robot olografici, ma ad Alëša anche quell'amichevole bacio, dato in modo così affettuoso, sembrò una gran delizia della vita. Si riprese però subito dall'emozione e diede la sua spiegazione circa il buon esito dell'impresa: «Vedi? non l'addizionale logico OR era da utilizzare, ma l'operatore AND. L'amore non è dato dalla somma di diverse componenti, bensì dal loro intreccio».
Notata la curiosità che aveva insinuato in Sonja, Alëša continuò: «La logica è propria di una mente razionale, che è componente anche del cervello umano. Il desiderio è un fattore di logica, ma perché tale desiderio si manifesti in una emozione - componente illogica - questo deve essere impresso nella mente inconscia. Come parte del processo creativo, per imprimere il desiderio nella mente inconscia occorre tradurre il desiderio dal linguaggio logico al linguaggio comprensibile dalla mente inconscia».
Sonja disse: «E' la logica che dà scacco alla logica».
«Già» riprese Alëša, «In questo caso, dovendolo imprimere in una macchina, abbiamo tradotto il linguaggio umano in linguaggio macchina. Così, in questo modo, la macchina ha percepito il Bello dell'Amore».
A questo punto Alëša non poté trattenere una delle sue tanto amate citazioni «Forse tu non pensavi ch'io loico fossi»
Alché Sonja manifestò una perplessità: «Ma la macchina non ha in sé il sentimento della bellezza: è il nostro occhio che la costruisce». Questa obiezione fece scattare qualcosa anche in Alëša: «Allora... forse i robot possono diventare umani?»
Pronta ribatté Sonja «O forse è l'uomo che può diventare robot. L' uomo avrà un cuore d'acciaio e una mente fredda»
Alëša percepì questa precisa situazione come un déjà vu e dalla sua bocca uscirono spontanee le parole: «Un pò quello che dicevano i Futuristi, mi pare.»
«Ma sì! Bravo che ti ricordi!» esclamò Sonja con entusiasmo.
Nel frattempo il presidente della company, avvisato di ciò che si era realizzato, era sceso dal suo ufficio situato all'ultimo piano. Strinse la mano ad Alëša e si complimentò con lui e con tutto lo staff di programmatori: «Complimenti, ragazzi, ora possiamo dare il via al progetto: verranno realizzati robot capaci d'innamorarsi».
Alëša ringraziò, ma subito le perplessità si insinuarono nella sua mente: «Sì, è un grande risultato, ma noi, noi umani, che vantaggio potremmo trarne?»
«Bè, abbiamo tanto da imparare, potremmo imparare qualcosa noi da loro», ribattè il presidente che si accomiatò rapidamente.
Sonja però aveva qualcosa da aggiungere: «E poi, se perfino un robot è capace di innamorarsi, non pensi che ne saresti capace anche tu? testone di un Alëša!»
«Ah, sì, dovrei essere anch'io un pò meno razionale. In questo caso l'irrazionalità ha sbrogliato il bandolo, con l'irrazionale si può far tutto»
«Con l'irrazionale o... l'immaginario?» disse sorridente Sonja e in un bel momento gli si sedette sulle ginocchia, chiedendogli se poteva lasciarla stare un pò così. Lui, accogliendola, le appoggiò la mano sulla spalla e stettero così per un pò.
Alëša realizzò in quel momento che tutto quanto sarebbe dovuto succedere era già accaduto.

2 - fine (quasi)

1 commento:

Lenabuona ha detto...

La formula
dell'immaginario che strappa le quinte della ragione e permette di saltare al di là del consueto, nel buio avvolgente di un bacio. E sì, l'Amore è rivoluzionario...

EvaFutura