giovedì 27 agosto 2009

Videocracy

3 commenti:

Fabio ha detto...

La Rai ha rifiutato la messa in onda del trailer di "Videocracy", il film che racconta come sia cambiata l'Italia in trent'anni, in dipendenza della televisione. La motivazione è che "si tratta di un messaggio politico, non di un film"; idem Mediaset che non trasmetterà quello che ritiene "un attacco al sistema tv commerciale". La televisione censura se stessa e vieta così ogni riferimento alla realtà di un capo di governo che controlla tutte le televisioni sapendo che, come dice il film L'80% degli italiani utilizza la tv come principale fonte di informazione.
Prosegue la motivazione: dato il proprietario delle reti e alcuni dei programmi "caratterizzati da immagini di donne prive di abiti e dal contenuto latamente voyeuristico delle medesime si determina un inequivocabile richiamo alle problematiche attualmente all'ordine del giorno riguardo alle attitudini morali dello stesso e al suo rapporto con il sesso femminile formulando illazioni sul fatto che tali caratteristiche personali sarebbero emerse già in passato nel corso dell'attività di imprenditore televisivo"
La cosa ridicola sta nel fatto che è la stessa Tv a trasmettere quelle immagini, evidentemente più realiste del re.

Lenabuona ha detto...

Fabrizio Corona diventerà un attore impegnato, scriverà libri di semiotica televisiva e terrà conferenze di storia del costume, vuoi vedere? (stupido non è, ma non perché ha fatto i soldi...) Niente paura Fabio: la censura esiste perché le idee attecchiscano...

EvaFutura

Fabio ha detto...

Per ora Corona ha scritto un libro su: la sua prigione, che a quanto pare gli ha fruttato un bel pò di soldi, che si sommano a quelli delle foto, apparizioni televisive, linea di moda, ecc. per un utile, come dice lui stesso nel film, di 6 milioni di euro: un sacco di soldi per uno che non è calciatore. Già, perché il successo, in questo paese, arride a calciatori e veline. Per meglio dire: più numerose sono le apparizioni televisive, più alta è la popolarità. Non che ciò avvenga solo in Italia e forse qui sta una delle poche pecche del film di Erik Gandini: nel far apparire la cosa come prerogativa e anzi intuizione tutta italiana, mentre grandi fratelli, talpe, isole dei famosi, riempiono le televisioni di tutto il mondo. Ciò che vede il regista è la variabile impazzita della situazione italiana, dove a parlare di televisione si scende inevitabilmente nella politica. Il documentario altrimenti è tutt'altro che politico, ma tratteggia semplicemente un'Italia che è cresciuta con la televisione e ne è stata plasmata, tanto che il maggior desiderio dello spettatore è desiderare di assomigliarle. L'operaio che si propone a tutti i provini nella speranza di apparire in tv perché a raccontare di fare l'operaio "le ragazze vanno via", alla domanda "cosa vuol dire essere un personaggio televisivo?" risponde "tutto". Corona, alla stessa domanda, risponde "è niente" e lui lo sa, che appena uscito dal carcere, definendosi "ostaggio dello stato", ha ricevuto migliaia di proposte, tra cui una possibile candidatura in Parlamento, dove infatti c'è il "niente".
Ma il protagonista del film è "il presidente": le sue città, le televisioni, le sue amicizie, le sue ville. Nella villa più bella della Costa Smeralda si tengono tutti i giorni festini, che la vicina di casa fotografa, fornendo al documentario una gran quantità di materiale, specchio di una realtà imprevedibile, in cui apparire in tv è il primo passo verso qualcosa di più grande, ad esempio diventare ministro. Tutto ciò viene proposto nel film, in un montaggio che richiama gli incubi da film horror, ma in cui tutto sembra avvenire in modo naturale. Siamo a questo punto.

"evidentemente non avete mai acceso una televisione italiana..." Berlusconi alla seduta del Parlamento Europeo 3 luglio 2003

(beati voi)